Categoria archivio: Articoli

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“Libertà ch’è si cara…” – di Giovanni Orelli

“Libertà ch’è si cara…” – di Giovanni Orelli   (Azione)

 

Libertà va cercando, ch’è si cara

Come sa chi per lei vita rifiuta

 

Giovanni_Orelli

 


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“Club Plinio Verda: un primo bilancio” – di Tiziano Fontana

“Club Plinio Verda: un primo bilancio”

A cura del membro di comitato Tiziano Fontana

 

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“Della ragione critica fece un costume di vita” – di Pier Felice Barchi

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Plinio Verda a 100 anni dalla nascita…  commemorativa del 28.9.2007 a Castelgrande

“Della ragione critica fece un costume di vita”

“Ha pagato la sua coerenza con rinunce consapevoli”


Le mie parole vogliono essere una riflessione sull’attualità del pensiero e dell’azione di chi commemoriamo. Plinio Verda non è stato né un teorico, né un ideologo. Penso che l’ultimo ideologo ticinese di militanza liberale sia stato Brenno Bertoni. Verda è stato un uomo politico che del pensiero illuminista, della ragione critica, del rispetto di una scala laica di valori etici ha fatto un costume di vita. Di vita politica, di vita pubblica. Come tutti avrà commesso degli errori, ma quel che importa è che egli sia stato del tutto coerente e che quella sua coerenza l’abbia pagata con rinunce consapevoli, come quella a una vita agiata. Gli sono grato per quello che mi ha insegnato, anche se non sono sempre stato un buon discepolo. L’anniversario cade in un momento simbolico e critico. Cento anni – una cifra non solo tonda, ma piena – sono un emblema. Perché ho anche detto: “Momento critico”? Per la ragione che oggigiorno figure paragonabili a Verda sono più che rare. Quante volte ho sentito dire da gente del popolo: “Se ci fosse ancora un Plinio Verda”. È il buon senso popolare che collima con le opinioni delle persone sedicenti o ritenute dotte. È proprio quel buon senso che conferisce autorevolezza a quei pareri.

L’edizione del 27 aprile 1983

La sua attualità sta nel fatto che siamo ripetutamente confrontati con esternazioni di gente che conta, che calpestano i valori etico- politici. Potrei ricordare più episodi. Mi limito a menzionare la grande indifferenza che ha circondato le vicende del Football Club e dell’Hockey Club di Lugano.

Totale insensibilità verso la pubblica moralità. Stupefacenti sono state le dichiarazioni dell’allora direttore di una delle più importanti aziende cantonali, che ha voluto giustificare i reati fiscali e in materia di previdenze sociali semplicemente con il fatto che una società sportiva fa del bene alla nostra gioventù. Un altro caso di giustificazione a buon mercato: quello di un quotidiano presso la cui sede con un apparecchio informatico, che faceva un baccano tale da attirare la curiosità delle intere maestranze, si sono falsificate le statistiche dei giornali distribuiti. Qui la scusa è stata quella di salvare posti di lavoro.Non si pensi che quelle derive concernano soltanto determinate correnti politiche. No affatto. Sono trasversali a tutti i partiti politici ed è per questo che oggi vi è un tremendo appiattimento dei valori civici. Si torna a posizioni pre-illuministe del tipo di quelle “il fine giustifica i mezzi”. Ci fosse almeno un fine riferito a una dottrina trascendentale, religiosa. No. Il fine è semplicemente l’arricchimento, il conseguimento di beni materiali sempre più abbondanti. Ma quello che preoccupa soprattutto non è tanto il fatto che persone di spicco manifestino un dispregio nei confronti dei valori civici. Esse ci sono sempre state. I pescicani non sono un’apparizione esclusiva del presente periodo di sfrenato capitalismo – worldwide per usare un termine inglese – che trova troppo timide resistenze da parte sia dei movimenti politici liberal, sia della chiesa cattolica. Quello che preoccupa è che oggi vi sono delle vere e proprie classi sociali che plaudono a questo spirito di indifferenza rispetto a valori etico-politici. Gente che, commentando i casi qui citati – ed altri simili -, ebbe a fare un lapidario commento: “Hanno fatto benissimo, voi che criticate non capite che siete dei moralisti scaduti, demodés?”.

Per non parlare di quanto succede a livello svizzero. Vi sono addirittura dei giuristi pronti a sostenere l’espulsione di stranieri nati da noi, solo per aver commesso infrazioni a norme amministrative in materia di previdenze sociali. Le stesse contravvenzioni che nel caso citato dei club sportivi ebbero a suscitare – da noi – larga solidarietà. I tempi sono bui. Ricordo che nel 1933, quando in Francia i movimenti fascistoidi erano influenti, a Marc Chagall fu negata la cittadinanza francese, perché considerato un artista degenerato. Lo stesso avvenne a Berna a fronte della domanda di naturalizzazione di Paul Klee. A Marc Chagall, che a Vitebsk era stato commissario per le arti figurative, André Malraux – in pieno gollismo – diede l’incarico di dipingere la volta dell’Opera di Parigi. Ricordo che Plinio Verda nel 1944 ebbe a criticare apertamente le direttive di Berna – fortunatamente non seguite supinamente dai nostri agenti di polizia – di respingere persone destinate all’olocausto. Ricevette anche qualche bacchettata dal Dipartimento federale di giustizia e polizia. Così mi raccontò.

Prima di terminare voglio togliere un possibile malinteso. Né Plinio Verda, né chi lo commemora pensa o ha mai pensato che abbiamo la vocazione di creare l’uomo nuovo. Questa è stata l’illusione di una parte degli illuministi e poi soprattutto dei marxisti. Non spetta in nessun caso allo Stato darsi delle strutture finalizzate a trasformare uomini e donne, in modo che abbiano soltanto virtù private e pubbliche. Lo Stato deve limitarsi a creare quelle condizioni quadro che permettano all’uomo di crescere con pari opportunità di partenza e in un ambiente di tolleranza. Chi vuol lottare perché ci siano quelle condizioni dev’essere libero da condizionamenti. Sergio Salvioni, che ha commemorato Plinio Verda (vedi da pagina 2 ndr), non ha mai fatto parte di un consiglio d’amministrazione privato. Ferruccio Bolla, quando la Linoleum di Giubiasco negò allocazioni sociali a operai licenziati da un giorno all’altro, diede le dimissioni dalla presidenza. Quando, alla fine degli anni ’60, la Saceba voleva imporre il cemento nella pavimentazione di strade cantonali, essa formò un consiglio d’amministrazione, di cui fecero parte uomini di tutti i partiti, compreso quello socialista. In Gran Consiglio vi furono degli indecorosi interventi a sostegno del cemento. Verda ne prese nettamente le distanze. Parlo del passato per dirvi che nessuno si illude che esso sia stato un’epoca d’oro. La differenza sta nel fatto che i fatti della Saceba erano un’eccezione, per altro criticata, senza che i media fossero imputati di scandalismo. Oggi stanno diventando la regola.

Ora termino veramente. Mi consentirete qualche piccola stravaganza. Ho indossato un completo tipico austriaco, perché con Verda e con Salvioni ho in comune il fatto di aver, come loro studiato anche a Vienna. Non ho per altro mai nascosto il mio spirito mitteleuropeo. Il mio commediografo preferito è Arthur Schnitzer e il mio autore prediletto è Robert Musil. Schnitzer, ebreo, cresciuto a Vienna. Musil, moravo formatosi a Vienna. Il Musil dell’indimenticabile “Uomo senza qualità”, che quando emigrò a Ginevra ebbe a dire “Non sono né ebreo, né un perseguitato, ho lasciato Vienna perché tutti i miei lettori son dovuti espatriare”. Quando Verda seppe che ero stato all’Università di Vienna mi ricordò i suoi tempi con una sua tipica battuta: “Nel 1931 per avere una ragazza bastava un Gurken” – se non lo sapete il Gurken è quel cetriolone in acqua salata che si gusta nei chioschi della Kärtnertrasse quando si esce da teatro. Un incallito economista direbbe “paragonando il Gurken di Verda al mondo d’oggi, l’inflazione è stata veramente tremenda”.

Pier Felice Barchi   (La Regione, 29.09.2007)